Mi sono sempre, in maniera esplicita o no, occupata di cibo. Normale per chi cresce in un bar ristorante, fa i compiti in una cucina dove arrivano comande, gioca a nascondino dispensa e impara a far di conto capendo quanti caffè possono uscire da un bustone di chicchi ancora da macinare. Nata la mia prima figlia, sono passata al lato oscuro dell’alimentazione, lo svezzamento. Quella fase che, più del parto, più dell’allattamento, più di qualsiasi cosa mette ansia al genitore.
Perchè? Perchè lo svezzamento, semplicemente ci fa paura. Perchè è il primo vero modo che il bambino ha di distanziarsi da noi, di rendersi autonomo, di tentare di far da se. E quindi noi abbiamo bisogno di ancorarlo ancora più forte e quindi quella zucchina fatta bollire per due ore in un brodo che poi va filtrato, ogni giorno, tutti i giorni, è quello che ci fa sentire di essere ancora, per un momento, l’unica persona capace davvero di saziare e nutrire la creatura.
Svezzamento, breve storia
Quando è stato il momento di svezzare mia figlia ho nell’ordine, comprato due libri, seguito un corso, messo like ad almeno tre pagine diverse e sottoscritto una newsletter. Per poi arrivare a quel giorno, comunque, nel pallone più totale. Perchè? Perchè non ero pronta. Così come non sarò pronta per le sue prime mestruazioni, o a tutto quello che riguarda l’area genitale/sessuale di mio figlio. Sì, perchè nel frattempo me ne è nato un altro di bambino.
Io sono figlia degli anni ’80 e come tutti i bambini nati in quegli anni sono stata svezzata in maniera scientifica, dopo essere stata allattata quasi sempre con il biberon. Lo svezzamento anni ’80 prevedeva:
- prosciutto cotto, senza grasso più o meno a ogni pasto.
- Parmigiano, tanto Parmigiano.
- patata, carota, zucchina. Sempre. Che fosse gennaio, agosto o novembre.
- mela grattuggiata
- omogeneizzati, in primis trota e coniglio.
Grammi precisi, orari precisi. Mi immagino quelle mamme dell’epoca, col foglio del pediatra, i grammi di proteine, i grammi di carboidrati, i grammi di verdura e guai a sgarrare. A far pranzare i bambini alle 11.30 e farli cenare alle 18.30, vedere barattoli interi di omogeneizzato di trota finire a terra (oggettivamente mangiatelo voi un omogeneizzato di trota, ha un odore talmente mortale da poter essere utilizzato come forma di tortura per far confessare un criminale) e il giorno dopo stoicamente ricominciare.
A uno svezzamento di questo tipo, da mamma, non ero pronta. E quindi ho deciso che non sarebbe stata la mia/nostra strada.
Svezzamento classico de che?
Perchè, com’è uno svezzamento classico che io da subito mi sono rifiutata di seguire?
È uno svezzamento in cui si definisce un momento per iniziare indipendentemente dal bambino, solitamente è il pediatra a indicare il quando, si sostituisce un pasto per volta, si parte da consistenze standard (brodo-crema…) per arrivare gradualmente nelle settimane (più spesso mesi) a cibi più solidi. Gli alimenti sono inseriti in ordine e “si fa mangiare il bambino”, da qui il famoso detto “il bambino NON MI MANGIA” (che è diventato il perfetto titolo per il libro sullo svezzamento migliore in assoluto, che potete vedere qui sotto).
Ma è davvero classico? Io a sentire la parola classico mi faccio venire in mente: il liceo (non il mio, arrivo dallo scientifico), la musica e l’arte dell’antica Grecia. Ma davvero quindi questo svezzamento è così antico?
NO.
È moderno. È uno svezzamento che non avrà più di 50 anni, 60 forse a essere generosi. È lo svezzamento nato quando sempre più donne hanno iniziato a emanciparsi dall’unico ruolo a loro riconosciuto: angelo del focolare. Quindi diciamocela tutto, questo svezzamento classico, che non è classico, porta con se un sacco di risvolti positivi. Vuol dire girl power, vuol dire io lavoro, guadagno e sono indipendente, vuol dire che il marito può pensare da solo a lavarsi i calzini.
Avrebbero potuto chiamarlo svezzamento moderno, ma diciamocelo in questa maniera avrebbe perso gran parte del suo appeal.
Svezzamento, autosvezzamento o alimentazione complementare a richiesta?
Se allora lo svezzamento classico non è per niente quello classico, qual è davvero quello originale?
Bè, quello che gli si avvicina di più è quello che (erroneamente) chiamiamo autosvezzamento, ma che in realtà andrebbe chiamato alimentazione complementare a richiesta. O A.C.R. per sentirsi subito più whattsamerica.
L’A.C.R. ha in se due parole importanti che meritano un approfondimento, Complementare e Richiesta. Su alimentazione invece siamo tutti più o meno d’accordo.
Dicevamo, complementare: nel senso che il cibo non deve essere introdotto così, di botto, zack, pum, pam, come nemmeno i futuristi, ma deve essere inteso e proposto come un complemento al latte. Questo che vuol dire in soldoni? Che il cibo (da grandi) poco per volta va a completare l’alimentazione che fino a quel momento per il bambino arriva o dal seno o dal biberon.
A richiesta vuol dire che il mangiare o lo smettere di mangiare dovrebbero rispondere a una richiesta del bambino stesso. Questo ovviamente non vuol dire assecondare richieste tipo: madre fammi ingozzare di ciocorì. Ma, più logicamente, vuol dire:
- non obbligare il bambino a mangiare se non vuole
- non obbligare il bambino a smettere se ha ancora fame
E quindi che gli do?
La comodità di intraprendere un percorso di A.C.R. sta nel fatto di poter iniziare con qualsiasi alimento si abbia in casa, senza per forza passare dal vasetto di omogeneizzato alla trota.
Sia chiaro, ogni alimento purchè risponda a determinate caratteristiche: sia fresco, di stagione, sano e lavorato il meno possibile. Quindi direi di non iniziare col Magnum o con un Saikebon. Ma più semplicemente tenendo a mente la cara e vecchia piramide alimentare e adattarla alle esigenze di un bebè (qui potete scaricare quella utilissima della Società Italiana di Pediatria). Quindi cereali, cereali e ancora cereali che danno tanta energia, proteine in quantità ridotta (ne prendono già parecchie con il latte) e soprattutto varie, quindi legumi, formaggi, pesce, carne bianca, uova e carne rossa, verdure senza esagerare perchè contengono molta fibra e per l’intestino dei bambini non sono il massimo (ebbene sì, il passato di verdura tutte le sere non per niente fondamentale), pochi alimenti lavorari, pochissimi dolci e insaccati. Esattamente come una volta. Ma una volta vera, non una volta dell’omogeneizzato.
Si potrebbe poi parlare per ore e ore su come dare gli alimenti ai bambini, come prepararli, affettarli, cucinarli, con quali nello specifico iniziare e come capire se il bambino è davvero pronto.
E infatti lo faremo, nei prossimi articoli discuteremo proprio di questo, come direbbe Steve Jobs, Stay hungry, stay foolish.
Soprattutto hungry.
[…] il mio secondo bambino era piccolo, visto che ancora prendeva un sacco di latte la decisione di svezzarlo in maniera vegetariana era stata abbastanza naturale. Oggi mangia tutto, pure troppo, è un piccolo […]