Son sincera, non avevo idea di quanto sarebbe stato difficile essere mamma quando ho deciso di avere dei figli.
Posso dirlo senza troppe remore, fare figli oggi è la cosa più sovversiva e punk che si possa anche solo immaginare di fare.
La vita con dei figli è bellissima, ricca, piena di emozioni e di felicità ma è anche tanto, tanto difficile. Specialmente se sei genitore in Italia, specialmente se sei genitore in Italia in una pandemia, specialmente se sei genitore in Italia in una pandemia e disgraziatamente sei la madre.
Io sono tutte queste cose.
Sono genitore in Italia.
Sono genitore in Italia nel mezzo di una pandemia.
Sono la mamma dei miei figli.
Figli che hanno rispettivamente nove e quattro anni. Quindi scuola primaria e scuola dell’infanzia (aka elementari e materna, che forse è più semplice per tutti).
Motivi vari per cui essere mamma in Italia è difficilissimo
Partiamo dalla scuola. Io sono sempre (e da sempre) stata una grandissima fan della scuola pubblica. Credo che sia una ricchezza immensa.
Ma.
Siamo ancora un paese in cui la scuola pubblica è considerata poco o niente. Nella mia città, Torino, nell’ultimo mese di ottobre si sono svolte elezioni amministrative e ballottaggi. Siccome non abbiamo imparato nulla dalla pandemia, anziché iniziare a provare a pensare out of the box, si è continuato a scegliere le scuole come sede di seggio (e qui non ce l’ho con la mia città in particolare).
Ma trovare luoghi alternativi, sarebbe davvero tanto difficile? Proviamoci insieme:
- caserme
- uffici comunali/regionali visto che tantissimi impiegati sono ancora in smart working
- strutture provvisorie come tendoni
- locali messi a disposizione dai cittadini (più o meno come si fa ad esempio negli Stati Uniti)
- qualsiasi luogo che non sia una scuola
Perché non si prova nemmeno a prendere in considerazione certe opzioni?
In questi mesi sono stati tirati su ospedali da campo, creati hub vaccinali in ogni luogo in cui ci fosse lo spazio e non si è nemmeno pensato di applicare la stessa procedura alle sedi elettorali? NO.
Nel nostro caso sia per le elezioni che per i ballottaggi le scuole sono state chiuse dal venerdì dopo pranzo fino al martedì (compreso). 2 giorni 1/2 prima, 2 giorni 1/2 dopo per un totale di 5 giorni di scuola persi.
Cinque giorni a casa da scuola vuol dire caos. Vuol dire lavorare male, lavorare con continue interruzioni. Vuol dire fare grossi investimenti economici se non si hanno i nonni vicino o non ci si può organizzare con altri genitori. Vuol dire altro carico mentale in una vita già di per se estremamente complicata.
I ponti creativi
A questo mese già di suo ricco di giorni a casa, il nostro istituto comprensivo, in virtù dell’autonomia scolastica, ha pensato di fare ponte il 2 novembre, quindi mentre tutti dopo il primo rientravano in ufficio, a scuola e sul posto di lavoro, noi stavamo a casa. Risposta: ma il 9 e il 10 giugno quando alcune scuole avranno già finito il calendario scolastico noi andremo ancora. Bravi, bene, bis.
Però quello che non tutti capiscono è che un giorno in più a casa, in un mese che ha già avuto cinque giorni a casa, in un periodo in cui per un colpo di tosse i bambini devono stare a casa minimo tre giorni, è di fatto una condanna a morte.
Non è un paese semplice in cui essere mamma perché se fai anche solo notare queste cose diventi la mamma antipatica, che non capisce, che borbotta, critica e ha sempre il muso lungo. Forse è vero, ma credetemi se siamo così è perché abbiamo un mal di stomaco non indifferente.
Il lavoro, questa chimera
Non è una cosa bella da dire ma è la verità, se sei mamma lavorare è davvero molto complicato. Lo è per diversi motivi. Gli orari intanto sono inconciliabili, io quest’anno ho dovuto litigare col nostro dirigente scolastico, scrivere pec per riuscire a ottenere che l’uscita della materna non fosse tra le 16 e le 16.15 ma quanto meno tra le 16.15 e le 16.30. E già questo la dice lunga su quanto siamo emancipati.
Non è facile perché gli stipendi degli uomini sono più alti, non hanno troppe interruzioni di carriera, possono serenamente dedicarsi al lavoro senza neanche sensi di colpa imposti dalla società.
Mi spiegava lo psicologo dell’età evolutiva a cui ci siamo appoggiati, che per i padri il senso di colpa scatta verso i 14/15 anni, noi mamme nel frattempo siamo diventate cintura nera e chiamiamo per nome ogni singolo senso di colpa.
Quindi quando si dovrà decidere chi tra i due genitori sarà a casa col bebè, ecco che molto probabilmente toccherà alla mamma.
Come ho scritto anche in un altro articolo (questo) io mi definisco freelance di pancia, perché la decisione (necessità) di essere autonoma è arrivata con la nascita dei miei figli. Sicuramente è una decisione con immensi lati positivi, ma è anche una scelta che probabilmente in un altro contesto non avrei preso.
Noi siamo una famiglia nucleare, non abbiamo il villaggio intorno, abbiamo sì molti amici con figli più o meno della stessa età con cui aiutarsi nelle situazioni d’emergenza, ma alla base ci siamo io e mio marito con le famiglie a un’ora da noi. Allo stesso tempo mio marito lavora a quasi 40 minuti da casa, ergo uno dei due deve per forza essere flessibile.
Dopotutto negli Incredibili Elastic Girl era la mamma, mica c’era Elastic Boy.
O sbaglio?
E quindi?
E quindi? Me lo chiedo spesso, tornando indietro farei le stesse cose?
Forse sì, forse no, non ne ho idea. Ma vorrei che altre persone si chiedessero, “ma tra qualche anno, vorrei che fosse ancora tutto così o questo potrebbe essere lo spunto per cambiare qualche cosa?”. Ecco, magari così per tutti potrebbe essere davvero un po’ più facile.
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